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PAPA FRANCESCO
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VENERDI’ SANTO

VENERDI’ DELLA PASSIONE E MORTE DEL SIGNORE

La celebrazione della passione e della morte del Signore nel Venerdì santo è la celebrazione del suo trionfo sulla morte per mezzo della croce e della manifestazione piena del suo amore per tutta l’umanità.

La Chiesa antica ha celebrato in questo giorno una liturgia, ma ne abbiamo notizie certe solo dal IV secolo grazie alla descrizione di Egeria, una vedova spagnola pellegrina in Palestina. La liturgia romana risentirà l’influsso del racconto da lei fatto nel suo diario, dove descrive il venerdì santo a Gerusalemme, con la venerazione della croce.

Dopo una notte di veglia sul monte degli Ulivi, all’alba, si scendeva al Getsemani per la lettura del racconto dell’arresto di Gesù Di lì ci si recava al Golgota. Dopo la lettura dei testi relativi al processo di Gesù davanti a Pilato, ognuno rientrava a casa propria per un momento di riposo, passando comunque dal monte Sion a venerare la colonna della flagellazione. Verso mezzogiorno, c’era un nuovo appuntamento al Golgota per la venerazione del legno della croce. Si leggevano per tre ore testi dell’Antico e del Nuovo Testamento inframezzandoli con la recita di salmi e preghiere. La giornata si concludeva alla chiesa della Resurrezione, dove si leggeva il vangelo della sepoltura di Gesù.

Le prime testimonianze della liturgia del Venerdì santo a Roma risalgono al VII secolo. Il papa si recava alla basilica della Santa Croce, dove si leggeva il Vangelo della passione secondo Giovanni, seguito da una litania di intenzioni universali. Nelle chiese extra-urbane servite da sacerdoti si teneva una celebrazione più popolare: esposizione della Croce sull’altare; liturgia della Parola, come nella basilica di Santa Croce; dopo il Padre nostro, venerazione della Croce e comunione con il pane e il vino consacrati il giorno precedente. Nella liturgia papale, la venerazione della Croce viene introdotta nel VIII secolo, ma senza comunione. Nel X secolo, le due prassi celebrative si fondono. Nell’VIII secolo, si decise che solo il sacerdote celebrante potesse comunicarsi e, nel XVI secolo, che la celebrazione avvenisse al mattino. Ma anche il resto della giornata veniva santificato: nella maggior parte delle chiese ci si riuniva per la Via crucis e la «predica della Passione». Così si è fatto fino al 1955, quando la Chiesa romana ha cominciato a celebrare la liturgia della Passione al pomeriggio o alla sera del Venerdì santo.

La liturgia attuale inizia con un grande e suggestivo silenzio. Il celebrante prega prostrato o in ginocchio e, dopo essersi recato con i ministri all’altare spoglio, pronuncia l’orazione, che esprime chiaramente che stiamo entrando nel mistero pasquale della morte e resurrezione di Cristo.

La celebrazione è suddivisa in tre parti: liturgia della Parola, adorazione della croce e comunione eucaristica.

  • La liturgia della Parola forma una specie di trittico. Il pannello di sinistra mostra il volto di un personaggio misterioso, un Giusto, oppresso dalle peggiori sofferenze e sottoposto alle più odiose persecuzioni, disprezzato dagli uomini apparentemente abbandonato da Dio stesso. In realtà, egli offre se stesso in sacrificio di espiazione del peccato delle moltitudini e il Signore ne farà il capo di un innumerevole popolo di giustificati. Qualunque sia, nel libro di Isaia (52,13-53,12), l’identità del «servo di Dio», si deve pensare, soprattutto il Venerdì santo, al Cristo, il giusto oltraggiato, la cui morte ha salvato tutti gli uomini dal peccato che Dio ha esaltato nella gloria del cielo.

Sul pannello di destra, ecco Gesù, il Cristo, intronizzato presso Dio come «il sommo sacerdote» per eccellenza, divenuto, per la sua obbedienza, «causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono» (Eb. 4,14-16; 5,7-9).

Questi due pannelli, tratteggiati a molti secoli di distanza l’uno dall’altro, introducono magnificamente alla comprensione della passione di nostro Signore Gesù Cristo, che è al centro del trittico (Gv. 18,1-19,42). L’evangelista Giovanni ha voluto far cogliere il significato profondo degli avvenimenti di cui è stato testimone. Paradossalmente, è quando viene innalzato in croce che Gesù si rivela come il vivente che dona la vita in abbondanza a tutti coloro che volgono lo sguardo verso di lui. Il racconto di Giovanni si divide in cinque quadri: l’arresto di Gesù; Gesù davanti al sommo sacerdote Anna; Gesù davanti a Pilato; la crocefissione e la morte di Gesù; la sepoltura. Esistono alcune differenze fra il racconto giovanneo e quelli dei Sinottici. Non è presente la descrizione dell’agonia di Gesù nell’orto degli ulivi, non c’è il processo giudaico davanti al Sinedrio, non ci sono le scene oltraggiose nella casa del sommo sacerdote e alla corte di Erode e neppure gli scherni degli spettatori all’agonia sulla croce; Giovanni non racconta nemmeno l’episodio dei ladroni e la morte di Giuda. Egli invece descrive l’impressione che la maestà di Gesù fece su coloro che lo arrestarono e dedica molto spazio al colloquio con Pilato; riporta le discussioni in merito al cartello da affiggere alla croce e fornisce l’interpretazione sulla divisione della veste di Gesù. Infine Giovanni sottolinea la presenza di Maria e del “discepolo che Gesù amava” presso la croce e il colpo di lancia che fece uscire dal costato di Gesù sangue ed acqua. Nessun cenno alle tenebre che avvolgevano il mondo al momento della morte di Gesù. In questo Vangelo perciò l’accento è posto non su quanto gli avvenimenti della passione avevano di tragico, umiliante e doloroso, ma sul compimento della salvezza. La passione è l’ora della gloria e del trionfo di Cristo e l’inaugurazione del tempo messianico. Dal costato aperto di Cristo sulla croce nasce la Chiesa come, dice S.Agostino, da Adamo dormiente ebbe origine Eva, la madre di tutti i viventi.

Dopo l’omelia la celebrazione prosegue con la preghiera universale, particolarmente solenne in questa circostanza.

  • La seconda parte è caratterizzata dalla adorazione della croce. Lo strumento del supplizio di Cristo diviene oggetto di venerazione, perché attraverso di esso, albero sul Calvario, è stata cancellata la colpa commessa con l’albero edenico della conoscenza del bene e del male. Per mezzo della croce si svela quanto Dio abbia amato il mondo e venerarla esprime la volontà di seguire il Signore anche attraverso la sofferenza personale; non si tratta perciò di un gesto esteriore e formale. Le antifone in lingua greca sono prova della provenienza orientale di questo rito. E’ questa la vera via crucis: nella adorazione si rivela il significato profondo dell’accoglienza della croce nella nostra vita in virtù dei meriti di Gesù Cristo. Non avrebbe senso partecipare alla pratica di pietà della via crucis durante la quaresima  (o alle numerose processioni del Cristo morto che la tradizione popolare  colloca la sera del venerdì santo) senza  prendere parte a questa celebrazione liturgica. E’ infatti nella liturgia che opera la potenza salvifica del Signore e fare memoria dell’evento del Calvario non è una pura memoria storica di un fatto, ma il memoriale di quell’evento salvifico che si rende presente realmente nella sua efficacia per noi.
  • Dopo la venerazione della croce, sull’altare spoglio  viene distesa  una tovaglia per la distribuzione della comunione eucaristica. Anticamente, come detto, la comunione non veniva distribuita in questo giorno ai fedeli. Ciò aveva un profondo significato: non veniva rotto il digiuno pasquale con quello che deve essere considerato il più importante degli alimenti e la Chiesa, cui lo Sposo in questo giorno è tolto, continuava ad attendere il suo ritorno nella notte di Pasqua.

Terminata la celebrazione è bene che ognuno si ritiri in silenzio, non per piangere sulla morte del Cristo, ma per meditarne il mistero e prepararsi, nel raccoglimento, alla gioia dell’alleluia che risuonerà nel corso della Veglia pasquale.

Enzo

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