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PAPA FRANCESCO
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CATECHESI SULLA MISSIONE

LA MISSIONE


La parola “missione”, dal termine latino “missio” (invio), deriva sua volta dal participio passato “missus” del verbo “mittere” che significa “mandare”.

 

La missione è quindi un invio di ambasciatori, deputati, rappresentanti per compiere una funzione determinata.

 

Nel campo della fede cristiana la parola missione assume un significato particolare, essendo usata per significare l’invio di testimoni che diffondano e portino a coloro che ancora non lo conoscono, il Vangelo, cioè la buona notizia di Gesù morto e risorto per la salvezza dell’uomo.

 

I “missionari” sono quindi persone mandate dalla Chiesa ai “lontani”, in obbedienza al comando divino espresso da Gesù risorto negli ultimi versetti del Vangelo di Matteo:

 

E Gesù, avvicinatosi, disse loro: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo,  insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,18-20).

 

Nella Scrittura troviamo molti esempi di “missioni” affidate da Dio all’uomo.

 

Già nel racconto della creazione, nel testo di tradizione più recente, Dio affida all’uomo e alla donna una importante missione:

 

 

Dio creò l’uomo a sua immagine;
a immagine di Dio lo creò;
maschio e femmina li creò.
Dio li benedisse e disse loro:
«Siate fecondi e moltiplicatevi,
riempite la terra;
soggiogatela e dominate
sui pesci del mare
e sugli uccelli del cielo
e su ogni essere vivente,
che striscia sulla terra» (Gn 1,27-28).

 

Qui è evidente che il compito affidato all’uomo è quello di proseguire nel mondo l’azione creatrice di Dio. L’uomo è immagine di Dio e, come tale, realizza nel mondo la sua presenza attraverso la sua vita, le sue opere, le sue azioni, il suo lavoro. Tutto ciò manifesta la bontà della condizione umana e dell’attività umana.

 

Una missione simile è affidata dopo il diluvio a Noè e ai suoi figli:

 

Dio benedisse Noè e i suoi figli e disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite la terra. Il timore e il terrore di voi sia in tutte le bestie selvatiche e in tutto il bestiame e in tutti gli uccelli del cielo. Quanto striscia sul suolo e tutti i pesci del mare sono messi in vostro potere.  Quanto si muove e ha vita vi servirà di cibo: vi do tutto questo, come già le verdi erbe. Soltanto non mangerete la carne con la sua vita, cioè il suo sangue. Del sangue vostro anzi, ossia della vostra vita, io domanderò conto; ne domanderò conto ad ogni essere vivente e domanderò conto della vita dell’uomo all’uomo, a ognuno di suo fratello (Gn 9,1-5).

 

E’ qui ribadita la posizione di preminenza dell’uomo nella natura, ma nel nuovo mondo sorto con la “nuova creazione” dopo il peccato ed il diluvio, l’uomo ha anche la responsabilità nei confronti degli altri uomini, dei suoi fratelli.

 

Nel libro dell’Esodo troviamo l’affidamento di un’altra missione, quella riservata a Mosè:

 

Ora Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, e condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb. L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a vedere questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per vedere e Dio lo chiamò dal roveto e disse: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!».  Riprese: «Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa!».  E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si velò il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio.
 Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dalla mano dell’Egitto e per farlo uscire da questo paese verso un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele, verso il luogo dove si trovano il Cananeo, l’Hittita, l’Amorreo, il Perizzita, l’Eveo, il Gebuseo.  Ora dunque il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto l’oppressione con cui gli Egiziani li tormentano. Ora va’! Io ti mando dal faraone. Fa’ uscire dall’Egitto il mio popolo, gli Israeliti!».  Mosè disse a Dio: «Chi sono io per andare dal faraone e per far uscire dall’Egitto gli Israeliti?».  Rispose: «Io sarò con te. Eccoti il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto, servirete Dio su questo monte».Mosè disse a Dio: «Ecco io arrivo dagli Israeliti e dico loro: Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno: Come si chiama? E io che cosa risponderò loro?». Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». Poi disse: «Dirai agli Israeliti: Io-Sono mi ha mandato a voi». Dio aggiunse a Mosè: «Dirai agli Israeliti: Il Signore, il Dio dei vostri padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione.
Va’! Riunisci gli anziani d’Israele e di’ loro: Il Signore, Dio dei vostri padri, mi è apparso, il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, dicendo: Sono venuto a vedere voi e ciò che vien fatto a voi in Egitto.  E ho detto: Vi farò uscire dalla umiliazione dell’Egitto verso il paese del Cananeo, dell’Hittita, dell’Amorreo, del Perizzita, dell’Eveo e del Gebuseo, verso un paese dove scorre latte e miele.  Essi ascolteranno la tua voce e tu e gli anziani d’Israele andrete dal re di Egitto e gli riferirete: Il Signore, Dio degli Ebrei, si è presentato a noi. Ci sia permesso di andare nel deserto a tre giorni di cammino, per fare un sacrificio al Signore, nostro Dio.  Io so che il re d’Egitto non vi permetterà di partire, se non con l’intervento di una mano forte.  Stenderò dunque la mano e colpirò l’Egitto con tutti i prodigi che opererò in mezzo ad esso, dopo egli vi lascerà andare (Es 3,1-20).

 

In questo brano si evidenziano alcuni elementi importanti. Come prima cosa va notato che la missione affidata a Mosè è conseguente ad una chiamata; prima della missione cioè c’è una vocazione. Mosè è scelto da Dio come l’uomo che dovrà liberare il suo popolo dall’oppressione degli egiziani. La scelta di Dio è assolutamente libera ed arbitraria. Spesso sceglie le persone che all’occhio umano potrebbero sembrare le meno adatte per la missione da svolgere e le persone scelte spesso si sentono inadeguate al compito affidato. Ciò ci fa comprendere che essere chiamati a svolgere una missione non è un merito e non ci fa acquisire meriti: è un accogliere nella propria vita l’azione di Dio nel mondo e prolungarla e attuarla non in virtù delle proprie forze, ma solo grazie all’aiuto divino. Senza di esso infatti ogni missione è destinata a fallire, come è destinata a fallire ogni missione che non nasce da una chiamata, da un’iniziativa divina, ma solo da un desiderio umano. Ciò non toglie ovviamente che uno stesso desiderio umano possa trovare in una missione affidata da Dio, il suo vero significato e compimento.

 

Lo stesso tema della chiamata “propedeutica” alla missione e della sensazione di inadeguatezza percepita dal chiamato, la ritroviamo nei brani biblici relativi alle vocazioni di alcuni profeti, come Isaia e Geremia:

 

 

Nell’anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Attorno a lui stavano dei serafini, ognuno aveva sei ali; con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. Proclamavano l’uno all’altro:


«Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti.
Tutta la terra è piena della sua gloria».
Vibravano gli stipiti delle porte alla voce di colui che gridava, mentre il tempio si riempiva di fumo. E dissi:
«Ohimé! Io sono perduto,
perché un uomo dalle labbra impure io sono
e in mezzo a un popolo
dalle labbra impure io abito;
eppure i miei occhi hanno visto
il re, il Signore degli eserciti».
Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare. Egli mi toccò la bocca e mi disse:
«Ecco, questo ha toccato le tue labbra,
perciò è scomparsa la tua iniquità
e il tuo peccato è espiato».
Poi io udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». E io risposi: «Eccomi, manda me!». (Is 6,1-8)

 

 

Mi fu rivolta la parola del Signore:
«Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo,
prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato;
ti ho stabilito profeta delle nazioni».
Risposi: «Ahimé, Signore Dio, ecco io non so parlare,
perché sono giovane».
Ma il Signore mi disse: «Non dire: Sono giovane,
ma va’ da coloro a cui ti manderò
e annunzia ciò che io ti ordinerò.
Non temerli,
perché io sono con te per proteggerti».
Oracolo del Signore.

Il Signore stese la mano, mi toccò la bocca
e il Signore mi disse:
«Ecco, ti metto le mie parole sulla bocca.
Ecco, oggi ti costituisco
sopra i popoli e sopra i regni
per sradicare e demolire,
per distruggere e abbattere,
per edificare e piantare». (Ger 1,4-10)

 

 

La sensazione di inadeguatezza viene perciò superata grazie all’intervento di Dio che permette a colui che è stato scelto di superare il timore e le difficoltà conseguenti alla chiamata ricevuta per lo svolgimento della missione affidata.

 

 

Nel Nuovo Testamento, oltre al brano del Vangelo di Matteo citato sopra, si può leggere il brano degli Atti degli Apostoli che precede quello dell’Ascensione di Gesù:

 

Così venutisi a trovare insieme gli domandarono: «Signore, è questo il tempo in cui ricostituirai il regno di Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta, ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra». (At 1,6-8)

 

Ancora qui ritornano i temi della libertà della scelta di Dio e della necessità dell’aiuto divino per la realizzazione della missione. In particolare questo aiuto si concretizza attraverso lo Spirito che, effuso nella Pentecoste, anima e sostiene la Chiesa nella sua missione nel mondo. La missione non è più affidata ad un singolo uomo, ma alla comunità dei credenti: si manifesta cioè la sua dimensione ecclesiale.

 

La missionarietà della Chiesa è mirabilmente delineata nel decreto del Concilio Vaticano II “Ad Gentes”, un documento breve che merita di essere letto integralmente e del quale qui si riportano solo alcuni passi:

Inviata per mandato divino alle genti per essere « sacramento universale di salvezza »  la Chiesa, rispondendo a un tempo alle esigenze più profonde della sua cattolicità ed all’ordine specifico del suo fondatore, si sforza di portare l’annuncio del Vangelo a tutti gli uomini. Ed infatti gli stessi apostoli, sui quali la Chiesa fu fondata, seguendo l’esempio del Cristo, « predicarono la parola della verità e generarono le Chiese». È pertanto compito dei loro successori perpetuare quest’opera, perché « la parola di Dio corra e sia glorificata » (2 Ts 3,1) ed il regno di Dio sia annunciato e stabilito su tutta quanta la terra.

La Chiesa durante il suo pellegrinaggio sulla terra è per sua natura missionaria, in quanto è dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito Santo che essa, secondo il piano di Dio Padre, deriva la propria origine.

Il Signore Gesù, fin dall’inizio « chiamò presso di sé quelli che voleva e ne costituì dodici che stessero con lui e li mandò a predicare» (Mc 3,13; cfr. Mt 10,1-42). Gli apostoli furono dunque ad un tempo il seme del nuovo Israele e l’origine della sacra gerarchia. In seguito, una volta completati in se stesso con la sua morte e risurrezione i misteri della nostra salvezza e dell’universale restaurazione, il Signore, a cui competeva ogni potere in cielo ed in terra, prima di salire al cielo, fondò la sua Chiesa come sacramento di salvezza ed inviò i suoi apostoli nel mondo intero, come egli a sua volta era stato inviato dal Padre  e comandò loro: «Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutte le cose che io vi ho comandato» (Mt 28,19-20); «Andate per tutto il mondo, predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo; chi invece non crederà, sarà condannato ». Da qui deriva alla Chiesa l’impegno di diffondere la fede e la salvezza del Cristo, sia in forza dell’esplicito mandato che l’ordine episcopale, coadiuvato dai sacerdoti ed unito al successore di Pietro, supremo pastore della Chiesa, ha ereditato dagli apostoli, sia in forza di quell’influsso vitale che Cristo comunica alle sue membra: « Da lui infatti tutto quanto il corpo, connesso e compaginato per ogni congiuntura e legame, secondo l’attività propria di ciascuno dei suoi organi cresce e si autocostruisce nella carità» (Ef 4,16).

Pertanto la missione della Chiesa si esplica attraverso un’azione tale, per cui essa, in adesione all’ordine di Cristo e sotto l’influsso della grazia e della carità dello Spirito Santo, si fa pienamente ed attualmente presente a tutti gli uomini e popoli, per condurli con l’esempio della vita, con la predicazione, con i sacramenti e con i mezzi della grazia, alla fede, alla libertà ed alla pace di Cristo, rendendo loro facile e sicura la possibilità di partecipare pienamente al mistero di Cristo.

Questa missione continua, sviluppando nel corso della storia la missione del Cristo, inviato appunto a portare la buona novella ai poveri; per questo è necessario che la Chiesa, sempre sotto l’influsso dello Spirito di Cristo, segua la stessa strada seguita da questi, la strada cioè della povertà, dell’obbedienza, del servizio e del sacrificio di se stesso fino alla morte, da cui poi, risorgendo, egli uscì vincitore. Proprio con questa speranza procedettero tutti gli apostoli, che con le loro molteplici tribolazioni e sofferenze completarono quanto mancava ai patimenti di Cristo a vantaggio del suo corpo, la Chiesa. E spesso anche il sangue dei cristiani fu seme fecondo.

Le iniziative principali con cui i divulgatori del Vangelo, andando nel mondo intero, svolgono il compito di predicarlo e di fondare la Chiesa in mezzo ai popoli ed ai gruppi umani che ancora non credono in Cristo, sono chiamate comunemente « missioni »: esse si realizzano appunto con l’attività missionaria e si svolgono per lo più in determinati territori riconosciuti dalla santa Sede. Fine specifico di questa attività missionaria è la evangelizzazione e la fondazione della Chiesa in seno a quei popoli e gruppi umani in cui ancora non è radicata In questa attività missionaria della Chiesa si verificano a volte condizioni diverse e mescolate le une alle altre: prima c’è l’inizio o la fondazione, poi il nuovo sviluppo o periodo giovanile. Ma, anche terminate queste fasi, non cessa l’azione missionaria della Chiesa: tocca anzi alle Chiese particolari già organizzate continuarla, predicando il Vangelo a tutti quelli che sono ancora al di fuori.

È evidente quindi che l’attività missionaria scaturisce direttamente dalla natura stessa della Chiesa essa ne diffonde la fede salvatrice, ne realizza l’unità cattolica diffondendola, si regge sulla sua apostolicità, mette in opera il senso collegiale della sua gerarchia, testimonia infine, diffonde e promuove la sua santità.

L’attività missionaria non è altro che la manifestazione, cioè l’epifania e la realizzazione, del piano divino nel mondo e nella storia: con essa Dio conduce chiaramente a termine la storia della salvezza. Con la parola della predicazione e con la celebrazione dei sacramenti, di cui è centro e vertice la santa eucaristia, essa rende presente il Cristo, autore della salvezza.

Tutti i cristiani, dovunque vivano, sono tenuti a manifestare con l’esempio della loro vita e con la testimonianza della loro parola l’uomo nuovo, di cui sono stati rivestiti nel battesimo, e la forza dello Spirito Santo, da cui sono stati rinvigoriti nella cresima; sicché gli altri, vedendone le buone opere, glorifichino Dio Padre  e comprendano più pienamente il significato genuino della vita umana e l’universale legame di solidarietà degli uomini tra loro.

I fedeli debbono impegnarsi, collaborando con tutti gli altri, alla giusta composizione delle questioni economiche e sociali. Si applichino con particolare cura all’educazione dei fanciulli e dei giovani nei vari ordini di scuole, che vanno considerate non semplicemente come un mezzo privilegiato per la formazione e lo sviluppo della gioventù cristiana, ma insieme come un servizio di primaria importanza per gli uomini e specialmente per le nazioni in via di sviluppo, in ordine all’elevazione della dignità umana ed alla preparazione di condizioni più umane. Portino ancora i cristiani il loro contributo ai tentativi di quei popoli che, lottando contro la fame, l’ignoranza e le malattie, si sforzano per creare migliori condizioni di vita e per stabilire la pace nel mondo. In questa attività ambiscano i fedeli di collaborare intelligentemente alle iniziative promosse dagli istituti privati e pubblici, dai governi, dagli organismi internazionali, dalle varie comunità cristiane e dalle religioni non cristiane.

La Chiesa tuttavia, non desidera affatto intromettersi nel governo della città terrena. Essa non rivendica a se stessa altra sfera di competenza, se non quella di servire gli uomini amorevolmente e fedelmente, con l’aiuto di Dio.

Benché l’impegno di diffondere la fede ricada su qualsiasi discepolo di Cristo in proporzione alle sue possibilità  Cristo Signore chiama sempre dalla moltitudine dei suoi discepoli quelli che egli vuole, per averli con sé e per inviarli a predicare alle genti . Perciò egli, per mezzo dello Spirito Santo, che distribuisce come vuole i suoi carismi per il bene delle anime, accende nel cuore dei singoli la vocazione missionaria e nello stesso tempo suscita in seno alla Chiesa quelle istituzioni che si assumono come dovere specifico il compito della evangelizzazione che appartiene a tutta quanta la Chiesa.

Difatti sono insigniti di una vocazione speciale coloro che, forniti di naturale attitudine e capaci per qualità ed ingegno, si sentono pronti a intraprendere l’attività missionaria, siano essi autoctoni o stranieri: sacerdoti, religiosi e laici. Essi, inviati dalla legittima autorità, si portano per spirito di fede e di obbedienza presso coloro che sono lontani da Cristo, riservandosi esclusivamente per quell’opera per la quale, come ministri del Vangelo, sono stati scelti, « affinché l’offerta dei pagani sia ben accolta e santificata per lo Spirito Santo » (Rm 15,16) .

 

 

In conclusione, ogni cristiano è chiamato a partecipare all’attività missionaria della Chiesa. Il dono della fede che abbiamo ricevuto gratuitamente deve essere non solo conservato, ma anche trasmesso a coloro che ancora non lo possiedono. Questo perciò è il compito che a ciascuno è affidato, nel proprio ambiente di vita e nella realtà concreta vissuta.

 

Inoltre, particolari occasioni possono permettere di vivere più intensamente la dimensione missionaria della Chiesa. E’ il caso della missione di fraternità che la nostra comunità parrocchiale sta organizzando per il mese di agosto nel Cameroun e sulla quale sarà utile conoscere maggiori dettagli.

 Vincenzo Iannace

 

E PER CONCRETIZZARE…

QUALCHE DATO MEDICO: nell’Africa occidentale ogni 25 sec. muore un uomo di HIV, 11 milioni di bambini sono orfani per lo più di madri adolescenti e il 20% è sieropositivo.

L’Africa occidentale é considerata zona a rischio 3 per la diffusione della malaria (cioe’ il rischio piu’ alto), inoltre febbre gialla, dengue, HPV (il virus responsabile del carcinoma del collo dell’utero) sono patologie responsabili dell’alta e precoce mortalita’.

Ogni anno muoiono 265.000 donne di parto, il 15% dei parti sono complicati da emorragie e sepsi e spesso gli ospedali sono a centinaia di km  e non sono sempre degni di tale nome .

1.200.000 bambini nel primo mese di vita muore per complicazioni neonatali.

L’ONU ha posto come obiettivo per il periodo 2008-2015 il dimezzamento dei dati qui riportati.

         Quindi, alla luce degli interventi precedenti, abbiamo cercato di essere concreti;

-rispondendo al desiderio di padre Eric di far conoscere le sue origini

-rispondendo all’esigenza(“sogno nel cassetto”) che qualcuno di noi aveva da lungo tempo, nel mese di agosto per due settimane andremo veramente in Missione a Bibey in Cameroun.

Saremo in quindici un po’ di tutte le età e provenienza ma con un denominatore comune: ”un grande desiderio di fare, conoscere, vedere, incontrare, donare speranza, amare …………”.

Tre gli OBIETTIVI DEL VIAGGIO:

Missione Sanitaria:

Quattro medici, un dispensario da sistemare, persone già in attesa che non hanno mai visto un medico in vita loro (..speriamo di essere all’altezza!!). Ci metteremo a disposizione e cercheremo di fare anche un po’ di educazione sanitaria .

Missione Ludico-Ricreativa:

I ragazzi di Bibey non vanno in vacanza, quando vanno a scuola fanno anche 15 km a piedi nudi nella foresta pluviale ,abbiamo pensato di gemellarli con quellii della nostra parrocchia chiedendo di preparare degli zaini con dentro scarpe ,un gioco ,dei vestiti e la foto dell’amico italiano che manda il tutto.Un modo per impegnarsi a distanza senza essere anonimi.Vengono in Missione alcuni splendidi giovani della nostra parrocchia gia’ esperti di attivita’ educative che animeranno questi ragazzi offrendo loro una vacanza –campo scuola estivo indimenticabile. Riporteremo una foto degli amici africani.

Missione Interculturale o di Fraternità

La voglia di fare si unisce alla voglia di condividere,scambiare,trasmettere e conoscere tradizioni ,modi  di vita ,storie personali per trasmettere il messaggio che in questo meraviglioso mondo, piu’ o meno fortunati ,siamo proprio tutti uguali e fratelli in Cristo.

 COME POTETE AIUTARCI?

  • Sicuramente ci occorre il vostro appoggio morale e spirituale, ma anche concreto ed economico.
  • Saperci sostenuti, non criticati (molti diranno che è una goccia nell’oceano, un’iniziativa personale per farsi belli e fare gli Schweitzer della situazione e che magari devolvere il denaro del biglietto sarebbe meglio e più utile). Dice Don Eric che già il fatto che qualcuno possa pensare di spendere le sue ferie, le sue risorse fisiche ed economiche per condividere in pieno la storia di un fratello, per far sapere che nella vecchia Europa qualcuno ha voglia di incontrarti, SOLO QUESTO è già un successo!
  • Dateci cose utili per queste persone, sarà nostra cura ripartirle in modo equo.
  • Sarà distribuito un volantino per aiutarvi nella raccolta evitando così cose difficili da spedire o inutili.
  • Saranno graditi consigli e informazioni su come effettuare la spedizione dei materiali (siamo un po’ disorientati per i costi e ei tempi e magari qualcuno di voi può darci qualche dritta competente).
  • Contribuite anche con donazioni di denaro! Si, non mi vergogno a chiedere in prima persona per questa causa che penso sia profondamente giusta e mi faccio garante che le vostre offerte saranno ben distribuite per tutta quella diocesi.
  • Tutti voi, cari parrocchiani, stateci vicini e fate di questa Missione un’azione corale di tutta Sant’Igino.
  • Già il Centro d’Ascolto sta lavorando nella raccolta, il Masci effettua il 18-19 febbraio una Pesca di Beneficenza al termine di ogni celebrazione e l’intero ricavato andrà nel fondo Cameroun, le Comunità sappiamo essere già state sensibilizzate ed altre iniziative seguiranno.

 “In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose

a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40)

 

PICCOLI GESTI PER NOI, GRANDI GESTI PER I NOSTRI FRATELLI

Grazie anticipatamente per il modo in cui vorrete partecipare con noi a questa impresa porteremo un po’ di ognuno di voi in Africa

 

Barbara Vastano

(umilmente uno dei medici della spedizione!)

 

DAL VATICANO
Scout Roma 80

Il Gruppo Scout Roma 80

ha un suo sito web dedicato !!!

accedi da questo link

http://www.roma80.it/  

 

 

 

 

 

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