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PAPA FRANCESCO
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ICONA PENTECOSTE

 

ICONA DELLA PENTECOSTE

 

Le prime raffigurazioni della Pentecoste che provengono dalla Siria e dalla Palestina avevano la stessa struttura compositiva di quelle dell’Ascensione: su Maria in piedi, al centro, circondata dagli apostoli, discende il fuoco dello Spirito Santo. Ma con il delinearsi del significato specifico della festa di Pentecoste quale riflessione sulla missione apostolica della Chiesa, anche la formula iconografica era destinata a cambiare.  

 

Si fece ricorso al modulo classico del ritratto collettivo, già molto utilizzato dall’arte cristiana primitiva, in cui un gruppo di saggi viene raffigurato seduto a semicerchio intorno al proprio maestro. Tale disposizione, partecipando della simbologia del cerchio, unita all’uniformità delle figure, ben si adatta ad esprimere la parità, l’unità e la comunione tra i membri del collegio apostolico riunito intorno a Cristo, capo della Chiesa; che poi questi fosse raffigurato o che il suo posto rimanesse vuoto ad attestarne la presenza invisibile, nulla cambia del significato.

 

Balza agli occhi, guardando l’icona, la predominanza della figura dell’arco. Gli archi nella realtà sono tre, inclusi l’uno nell’altro, tipici archi bizantini stretti e rialzati: il più elevato risulta dall’appiattimento ottico del catino dell’abside della chiesa in cui l’evento della Pentecoste è ambientato: non ci si trova più infatti nel luogo chiuso, intimo, dell’Ultima Cena, ma nel luogo pubblico della manifestazione della fede e dell’annuncio alle genti. Fortemente sottolineato da elementi decorativi, questo arco forma una lunetta, al centro della quale bisogna «vedere» la figura di Cristo che presiede, invisibile, l’assemblea degli apostoli.

 

Il secondo arco corrisponde al sedile semicircolare degli apostoli, mentre quello più piccolo disegna il vano della porta esterna in cui compare il “Cosmo”, personaggio allegorico preso dall’iconografìa pagana, secondo la quale  rappresenterebbe l’ordine del creato.

 

In capo all’icona si intravede la sfera celeste, simboleggiante la sorgente paterna, dalla quale emanano dodici raggi, o lingue di fuoco, dirette sul capo degli apostoli. La composizione nel suo insieme coincide con la struttura fondamentale del tempio – il cubo terrestre sormontato dalla sfera celeste – esso stesso «immagine dinamica di una dialettica tra il celeste trascendente al quale l’uomo aspira naturalmente e il terrestre in cui si situa attualmente e dove si percepisce come soggetto di un passaggio da realizzare già da ora grazie all’aiuto dei segni».

 

In tal modo l’icona di Pentecoste diventa espressione del mistero di quel tempio vivente che è la Chiesa, luogo privilegiato di questo passaggio dal terrestre al celeste. Riguardo al principio attivo di questo passaggio: il vero, definitivo superamento della barriera del naturale può avvenire soltanto in virtù del dono dall’Alto. Ecco perché il movimento ascensionale dell’arco e della leggera divergenza verso l’alto delle due strutture architettoniche, viene come capovolto dalla presenza, nella parte superiore dell’icona, del grande emisfero scuro raggiato, simbolo della trascendenza divina. «Ah, se tu squarciassi i cieli e scendessi!» (Is 63,19): nella Pentecoste, che dal quel primo giorno storico perennemente si rinnova in seno alla Chiesa, il desiderio antico dell’umanità è stato esaudito.

 

Gli apostoli, in numero di dodici (allusivo delle tribù di Israele), sono suddivisi in due gruppi e accomodati in semicerchio nel presbiterio, capi fila Pietro e Paolo. La presenza di S. Paolo nell’assemblea degli apostoli, a destra del posto vuoto di Cristo, indica che questa viene considerata non nel momento storico del giorno di Pentecoste ma nella sua funzione annunciatrice della Parola; tiene infatti in mano i rotoli splendenti della Parola rivelata, già annunziata al mondo intero.

 

Così infatti anche per gli evangelisti Luca e Marco inseriti anch’essi nel gruppo apostolico. In primo piano si apre una specie di sotterraneo dal quale emerge un prigioniero in vesti da re e corona sul capo. Molte volte sull’icona di Pentecoste l’apertura del sotterraneo è provvista di sbarre da prigione. Secondo i manuali di pittura, il prigioniero simboleggia il cosmo, l’universo: «Personificato da un vecchio sazio di giorni, l’Universo è prigioniero del Principe di questo mondo. L’oscurità che lo circonda figura il caos e il peccato». È l’inferno universalizzato, dal quale il mondo non battezzato si distacca: il prigioniero aspira alla luce apostolica del vangelo.

 

Interessante è il drappo che egli regge, sul quale sono allineati dodici rotoli, simbolo della predicazione dei dodici apostoli, della missione apostolica della Chiesa, e della promessa universale di salvezza.

 

Comunità monastica di Pulsano

 

 

 

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