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PAPA FRANCESCO
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Un Bambino è nato per noi

“Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore” (Lc 2,10-11).

imgCE’ questa la “buona notizia” che, in una notte di più di duemila anni fa, giunse ad alcuni pastori che vegliavano le proprie greggi nei pressi della città di Betlemme.

Questo stesso annuncio viene dato, nelle chiese di tutto il mondo, durante la solenne Veglia della notte di Natale.

In questa notte, i cristiani non sono chiamati ad assistere alla “rappresentazione scenica” del ricordo di un fatto storico, bensì celebrano un evento che ha cambiato la storia dell’umanità: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16).

La cosa più straordinaria è che questo evento avviene senza segni prodigiosi, senza fragori, ma si realizza grazie alla totale disponibilità, grazie all’Eccomi! di una donna, grazie alla fiduciosa umiltà di uno sposo, un “uomo giusto”; accade nel silenzio e nel nascondimento di una stalla, “perché per loro non c’era posto nell’alloggio” (Lc 2,7b).

La nascita di questo Bambino, che i pastori trovarono avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia, era stata già prefigurata e annunciata al popolo di Israele attraverso la voce dei Profeti, i quali infondevano speranza, proclamando a gran voce che “un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici” (Is 11,1) e gridando agli “smarriti di cuore”: “Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio … Egli viene a salvarvi” (Is 35,4).

La venuta del Messia avrebbe riportato sulla terra l’armonia e la pace delle origini, avrebbe ricostituito l’Alleanza distrutta dal peccato del primo uomo, cosicché tutte le cose del mondo avrebbero ritrovato “del primo giorno lo splendore” (cf. Goëthe, Faust, Prologo in cielo), perché nel mondo sarebbe entrata “la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv 1,9).

Ed è proprio la luce, il primo segno della Liturgia della Veglia di Natale, a ricordarci che “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse” (Is 9,1).

Si intronizzano la Parola di Dio e il Bambino, che viene adagiato sulla mangiatoia, per rendere visibile che “il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14): è da questo umile eppure regale “trono” che Gesù di Nazaret ci tende le braccia, per essere accolto “da” e “in” ciascuno di noi.

Da un trono ancora più regale e glorioso, la croce, lo stesso Gesù, il Cristo crocifisso ci tende ancora le braccia, per accoglierci e ricondurci insieme a Lui, riconciliati e perdonati, al Padre: la mangiatoia prefigura già la tomba, il Natale del Signore annuncia già la sua Pasqua.

Il “tutto” è sempre presente in ogni frammento: in ogni celebrazione eucaristica, infatti, si celebra il Natale, memoriale dell’Incarnazione di Cristo, la sua Epifania al mondo, la sua Pasqua di passione, morte e resurrezione, la sua Ascensione gloriosa al Padre, il dono dello Spirito Santo nella Pentecoste.

Tutti questi eventi, nella solenne Veglia di Natale, racchiudono il grande mistero di un Dio che si fa uomo, di una Parola che si fa carne per noi, oggi!

Rallegriamoci, dunque, “Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio” (Is 9,5), affinché noi tutti potessimo diventare “figli”, di un Padre che tali ci ha voluti fin dall’eternità, e “fratelli”, chiamati ad amarci gli uni gli altri, come Lui ci ha amati “fino alla fine”.

Annamaria

DAL VATICANO
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